Spese di giustizia: Sentenza della Corte di Cassazione del 13 aprile 2016, n. 7273 – condanna dell’amministrazione alle spese di giudizio – Se l’annullamento da parte dell’ufficio di un atto impositivo consegue ad una manifesta illegittimità dell’atto s’impone senz’altro la liquidazione delle spese di giustizia a favore della parte contribuente (condanna l’amministrazione alle spese), se, invece, vi era un’obiettiva complessità della materia e per tale motivo l’ufficio ha deciso di annullare la pretesa, può essere considerato conforme al principio di lealtà e premiato con la compensazione delle spese di giustizia.
FATTO
La CTR della Toscana, in sede di rinvio, ed all’esito della rinuncia alla pretesa impositiva ed all’appello, da parte dell’ufficio, previo annullamento in autotutela dell’avviso d’accertamento, ha disposto la compensazione delle spese di giustizia, su richiesta dell’ufficio accettata dai ricorrenti, laddove, invece, la parte contribuente aveva accettato la rinuncia all’appello, ma con vittoria di spese. I contribuenti ricorrevano in Cassazione sulla base di due motivi di ricorso, mentre l’ufficio non si è costituito nel giudizio.
DIRITTO
Con il primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, attenendo ad un medesimo profilo di censura, i ricorrenti denunciano, da una parte, violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 15 comma 1, 46 comma 3 del d.lgs. n. 546/92, ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., nonché erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in tema di liquidazione delle spese di giustizia, ex art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto i giudici d’appello, in presenza di una rinuncia all’appello da parte dell’ufficio, presentata ai sensi dell’art. 44 d.lgs. 546 cit., accettata, ma senza adesione alla compensazione delle spese, come risulterebbe dal verbale d’udienza dell’11.6.2009, avrebbero, invece, provveduto alla compensazione delle spese di giustizia, pur non avendovi la parte ricorrente rinunciato.
Il motivo veniva dichiarato fondato per le seguenti ragioni:
Secondo l’art. 44 del D. Lgs. n. 546/92, primo comma, il processo si estingue per rinuncia al ricorso, ed al secondo comma prevede che il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. Il successivo art. 46 contempla l’ipotesi dell’estinzione del giudizio (in tutto o in parte), nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere, precisando al successivo terzo comma, che le spese del giudizio estinto a norma del comma primo restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diversa disposizione di legge (la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, con sentenza n. 274/2005, nelle ipotesi in cui si riferisce alla cessazione della materia del contendere diverse dai casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge).
Dal verbale d’udienza dell’11.6.2009, prodotto dai contribuenti, risulta che l’ufficio ha provveduto in autotutela ad annullare gli atti impositivi e ha rinunciato, pertanto, all’appello e agli atti del processo, chiedendo la compensazione delle spese. In proposito, è insegnamento della Corte di Cassazione che “Nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese” (Cass. n. 22231/11, ma vedi anche Cass. n. 19947/10).
Si rileva come dagli atti del processo, la Corte non è in grado di verificare la manifesta illegittimità o meno dell’atto impositivo fin dal momento della sua emanazione, mentre, d’altra parte, il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata appare evidente, in quanto ha ritenuto sussistente l’adesione dei contribuenti alla compensazione delle spese, quando dal verbale d’udienza dell’11.6.2009 tale volontà era stata espressa in senso esattamente contrario.
Si considera opportuno, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima CTR in diversa composizione, affinché verifichi se l’annullamento dell’ufficio consegua ad una manifesta illegittimità dell’atto impositivo fin dal momento della sua emanazione, nel qual caso, s’impone senz’altro la liquidazione delle spese a favore della parte contribuente, ovvero vi era un’obiettiva complessità della materia, per la quale l’atteggiamento dell’ufficio, può essere considerato conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese di giustizia.
La Corte, quindi, accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava, anche per le spese di giustizia, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale per la Toscana.
LEAVE A REPLY