Non basta l’iscrizione all’AIRE per escludere la residenza fiscale in Italia – Sentenza del 06/04/2017 n. 574 – Comm. Trib. Reg. per il Piemonte – 4° sezione. Secondo l’art. 2, comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) sono residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta siano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o abbiano nel territorio statale il domicilio o la residenza. Nonostante ciò, l’iscrizione all’AIRE non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia. In tal senso si sono espressi i giudici della CTR piemontese,  in linea con le più recenti pronunce in merito della Suprema Corte (Cass. nn. 12311/2016 e 9723/2015). La giurisprudenza, quindi, ha identificato la residenza fiscale nel “luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed effettivi della persona, identificabili nella sede principale dei suoi affari e degli interessi economico-patrimoniali”.

FATTO

Il sig. —— proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, contestando l’effettività della residenza estera del sig. ——, riprendeva a tassazione i redditi da questi percepiti, accertando una maggiore imposta per IRPEF, addizionale regionale e comunale, irrogando la relativa sanzione. L’Ufficio rilevava incoerenze tra il domicilio fiscale estero dichiarato dal contribuente ed i molteplici rapporti sussistenti con lo Stato italiano. Dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, infatti, risultava che il sig. —— nell’anno 2008 avesse percepito dalla società ingenti emolumenti per la carica di amministratore e si riscontrava, pertanto, l’omessa dichiarazione dei compensi percepiti, rilevanti ai fini IRPEF.

Il ricorrente contestava:

  1. la mancata allegazione all’avviso di accertamento delle autorizzazioni all’indagine finanziaria posta alla base della pretesa tributaria e
  2. l’illegittimità ed infondatezza della pretesa impositiva stante l’effettività della residenza e del domicilio estero del sig.—— .

L’Ufficio si costituiva  in giudizio e controdeduceva:

  1. l’inconferenza dell’avversa doglianza giacché il provvedimento impugnato non conteneva una pretesa fiscale fondata sulle risultanze delle indagini finanziarie e
  2. di aver specificato in dettaglio le ragioni per cui il sig. —— conducesse tutta una serie di attività idonee ad attestare la sussistenza del domicilio fiscale in Italia, quale centro dei suoi interessi economici e commerciali.

La CTP di Alessandria accoglieva il ricorso sottolineando la “doverosità del contraddittorio per il contribuente, la cui collaborazione sarebbe essenziale per dipanare il labirinto dei movimenti bancari, in armonia con il dovere di collaborazione e buona fede che incombe ad entrambe le Parti nel rapporto tributario” e ritenendo che “dalla documentazione prodotta dal ricorrente si evince senza ombra alcuna che il Sig. —— è un cittadino belga, che svolge un’attività commerciale in proprio, fatti sufficienti a provare incontrovertibilmente che non solo la residenza, ma anche l’effettivo domicilio del dr.—— si trovano in Belgio, indipendentemente dal fatto che il ricorrente abbia interessi patrimoniali ed economici in Italia, avendo ereditato successivamente al suo trasferimento, l’azienda di famiglia”.

L’Ufficio impugnava la suddetta sentenza per i seguenti motivi:

  1. violazione di legge – erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 32 DPR 600/73 e
  2. carenza di motivazione; erronea valutazione dei fatti fondanti la pretesa tributaria; errata interpretazione dell’art. 2, comma 2, del DPR 917/86.

Quanto al primo punto, segnala l’Ufficio di aver inviato al sig. ——- specifico invito a presentarsi presso la propria sede onde produrre documentazione relativa agli emolumenti corrispostigli dall’ ——— per la sua qualità di amministratore. In ottemperanza all’invito ricevuto, il contribuente si è presentato presso l’Ufficio ed ha esibito tutta una serie di documenti. Tanto basti per evidenziare che il rapporto di collaborazione fra le parti è stato rispettato dall’Ufficio.

Quanto al secondo punto, lamenta l’Ufficio che la CTP di Alessandria ha omesso qualsivoglia valutazione delle circostanze evidenziate dall’Ufficio in ordine alla dimostrazione di una effettività di domicilio fiscale in Italia a carico del sig.—— , limitandosi ad affermare che “dalla documentazione prodotta dal ricorrente si evince Senza ombra alcuna che il sig. —— sia cittadino belga”. Tuttavia in merito alla suddetta documentazione non viene precisato alcunché, con conseguente carenza di motivazione della pronuncia. Puntualizzava l’Ufficio che devono considerarsi residenti le presone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno nel territorio dello Stato il domicilio quale centro degli affari e degli interessi. Pertanto l’Ufficio ha titolo di ritenere che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’AIRE non costituisce per il sig. —– elemento determinante per escludere il suo domicilio nello Stato italiano. La durata della permanenza in Italia o in Belgio del è quindi del tutto inconferente con la natura e il contenuto della fattispecie da dimostrare.

L’attività investigativa si è concretizzata nell’individuazione di una serie di elementi di prova atti a sostenere la sussistenza del domicilio nel territorio nazionale, al fine di ottenere una valutazione di insieme dei molteplici rapporti che lo stesso ha mantenuto in Itali nel periodo di residenza all’estero; valutazione che consente di stabilire che la sede principale degli affari e degli interessi del per l’anno di imposta 2008 fosse in Italia.

In particolare, le circostanze relative all’anno 2008 che accreditano l’intenzione del ——- di voler conservare in Italia il proprio domicilio nonostante il trasferimento della residenza anagrafica in Belgio sono: carica di legale rappresentante e/o socio di 7 società italiane, intervento in nr. 7 atti notarili stipulati in Italia, partecipazione a quattro riunioni assembleari, numerosissimi rapporti intrattenuti con operatori finanziari in Italia, con notevoli operazioni effettuate direttamente in Italia, collaboratori domestici italiani e premi assicurativi versati a compagnie di assicurazioni italiane.

Da ultimo la controparte non dice quale altra e preminente attività professionale svolge in Belgio.

Il sig. si costituiva in giudizio sostenendo:

  1. in via preliminare, la nullità dell’avviso di accertamento perché sottoscritto da soggetto privo del potere di firma;
  2. nullità dell’avviso impugnato perché non preceduto dalla previa instaurazione del contraddittorio: lamenta il contribuente che l’accertamento in contestazione è stato emesso sulla base delle risultanze delle indagini finanziarie e che l’Ufficio non ha mai invitato il sig. —– a presentare le proprie difese in relazione all’esito delle suddette indagini bancarie. Da ciò consegue l’illegittimità della pretesa impositiva;
  3. effettività della residenza e del domicilio estero del ricorrente: il sig. ritiene di aver incontrovertibilmente attestato l’effettività di residenza e domicilio esteri, poiché vive in Belgio dal 1988, dove ha trasferito la propria residenza fin dal 1990 e dove ha avviato un’attività commerciale in proprio, ha sposato una cittadina belga, è iscritto alla previdenza sociale belga dal 1989, è iscritto nelle liste elettorali del Belgio, ha stipulato un’assicurazione sanitaria in Belgio dal 2002. L’ , azienda di famiglia, è stata ereditata dal successivamente al suo trasferimento, e quindi quando aveva già acquisito residenza e domicilio belga. Inoltre, le operazioni bancarie contestate si riferiscono per la quasi totalità a conti correnti intestati non al sig. ma alle società da lui partecipate, comprendendo movimentazioni che vengono riportate automaticamente nel conto corrente e che pertanto non dimostrano affatto una presenza dell’appellato presso lo sportello della banca. Rileva, infatti, il sig. che sull’unico conto corrente a lui intestato sono state effettuate un numero esiguo di operazioni in un periodo di poco più di trenta giorni, concentrati nei mesi di agosto, settembre e dicembre, e quindi durante le vacanze estive e natalizie, mentre i pagamenti effettuati con le carte di credito risultano per la maggior parte relativi ad acquisti on fine ed a spese sostenute all’estero;
  4. mancata allegazione all’avviso di accertamento delle autorizzazioni all’indagine finanziaria posta alla base della pretesa tributaria e lesione del diritto di difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE

La Commissione ritiene meritevole di accoglimento l’appello dell’Ufficio.

Quanto all’eccezione preliminare di nullità dell’avviso di accertamento perché sottoscritto da soggetto privo del potere di firma, la Commissione ritiene la stessa infondata riconoscendo la regolarità della sottoscrizione dell’atto, essendo stata apposta in forza dell’attribuzione di una delega di firma e non di funzioni. La delega di firma, infatti, comporta semplicemente l’autorizzazione, concessa da una persona fisica ad un’altra, di apporre soltanto la firma in calce ad un provvedimento, che comunque rimane proprio del delegante. Con la delega di firma l’organo delegante ha mantenuto la piena titolarità dell’esercizio di un determinato potere, limitandosi a delegare ad altro organo il compito di firmare gli atti di esercizio di esso, onde l’atto firmato dall’organo delegato resta imputato all’organo delegante.

Venendo al merito della causa, con la Sentenza n. 12311 del 15 giugno 2016, la Corte di Cassazione torna ad esprimersi in tema di trasferimento della residenza fiscale all’estero, annotando, ancora una volta, che “ai fini della determinazione del luogo della residenza normale si riconosce la preminenza dei legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato“, ricomprendendo il luogo ove vi siano interessi patrimoniali. Il rinnovato intervento dei Giudici di Piazza Cavour offre l’opportunità di proporre alcune riflessioni alla luce dei più recenti indirizzi della giurisprudenza in tema di residenza fiscale ed esterovestizione delle persone fisiche (intesa come localizzazione all’estero, con il fine di sottrarsi all’ordinamento tributario nazionale).

Ai fini dell’articolo 2, comma 2 del Tuir, “si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”. I tre presupposti, così come enunciati dalla norma mediante utilizzo di congiunzione disgiuntiva “o”, evidenziano un vincolo di alternanza per cui è sufficiente che uno soltanto dei presupposti si realizzi, perché la persona sia considerata fiscalmente residente in Italia.

Tuttavia, secondo il consolidato orientamento di prassi e giurisprudenza, l’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia, diversamente dai requisiti soggettivi costituiti dal domicilio o dalla residenza della persona fisica. Occorre brevemente ricordare che, ai sensi dell’articolo 43 del c.c., il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, mentre la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.

Ne consegue che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione all’AIRE non costituiscono un requisito sufficiente per determinare la residenza al di fuori del territorio dello Stato, allorché il soggetto abbia ancora nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come “sede principale degli affari ed interessi economici, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato, ma dovendosi contemperare la volontà individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi” (Cassazione Civile, Sentenza n. 5385/2012). A tal fine, ciò che conta non è la presenza continuativa in un luogo, quanto la volontà di rimanervi e ritornarvi appena possibile (Cassazione Civile, Sentenza n. 961/2015).

Questa lettura, peraltro, ben si coniuga con le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza comunitaria.

Nelle Sentenze C-262/99 (Louloudakis contro Stato ellenico) e C-156/04, (Commissione delle Comunità Europee contro Repubblica ellenica) si afferma che, nel caso in cui un soggetto non abbia legami personali e professionali concentrati in un solo Stato, ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire la presenza fisica del soggetto sul territorio di uno Stato, la disponibilità di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali, il luogo in cui siano preminenti gli interessi patrimoniali, i legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali.

Nella Sentenza C-528/14 (X contro Staatssecretaris van Financien) i Giudici della Corte affermano che, ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, sulla base dei presupposti evidenziati dall’articolo 7 della direttiva 83/182/CEE, si presume che la residenza normale sia quella del luogo in cui tali legami sono prevalentemente radicati, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Tali considerazioni collimano, peraltro, anche con la più diffusa giurisprudenza di legittimità. In una (seppur) non recentissima pronuncia del 2010 (Sentenza n. 12259) riguardante le vicende di un noto motociclista italiano cui veniva contestato il fittizio trasferimento di residenza nel Principato di Monaco, i Giudici ermellini affermano che un soggetto conserva il domicilio fiscale in Italia anche quando, prescindendo dalla sua presenza nel territorio italiano, mantenga in Italia il centro dei suoi interessi e dei suoi affari.

Sintetizzando i principi appena espressi in rassegna, osserviamo come la più recente giurisprudenza, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di un individuo, abbia inteso dare impulso al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed effettivi della persona (tra gli altri, Cassazione Civile, Sentenza n. 12311/2016 e Cassazione Civile, Sentenza n. 9723/2015), identificabili nella sede principale dei suoi affari e degli interessi economico-patrimoniali.

E ancora, con la sentenza n. 6501 del 31 marzo 2015, i giudici della Corte di Cassazione, relativamente al caso di una persona che dal 1978 aveva trasferito la propria residenza fiscale in Svizzera dove prestava attività di lavoro autonomo, hanno considerato il centro degli interessi economici quale criterio per individuare là° residenza fiscale dell’individuo.

Tale circostanza era stata ripresa dalla stessa amministrazione finanziaria nel documento di prassi n. 9/E del 26 gennaio 2001 quando, in risposta ad un quesito, specificava che deve: “considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, ‘mantenga il centro dei propri interessi in Italia. Tale circostanza si concretizza, ad esempio, nel caso in cui ( .. .) emergano atti o fatti tali da indurre a ritenere che il soggetto interessato abbia quivi mantenuto il centro dei suoi affari e interessi“.

Nel caso di specie, il sig.—— , ha formalmente attestato la residenza estera in Belgio dal 1990, ove è coniugato con una cittadina belga, è iscritto alla previdenza sociale, nelle liste elettorali e ha stipulato un’assicurazione sanitaria; tuttavia, l’asserita attività professionale svolta in proprio, cosa che peraltro non è dato neppure intuire dalla esigua documentazione allegata in atti, non è supportata dalla dichiarazione dei redditi belga della famiglia , che riporta un reddito complessivo irrisorio e il cui reddito principale risulta pertanto essere quello percepito in Italia.

Invero, numerose sono le circostanze provate dall’Ufficio relativamente all’anno 2008 che accreditano l’intenzione del di voler conservare in Italia il proprio domicilio fiscale, che sono: carica di legale rappresentante e/o socio di 7 società italiane, intervento in nr. 7 atti notarili stipulati in Italia, partecipazione a quattro riunioni assembleari, numerosissimi rapporti intrattenuti con operatori finanziari in Italia, con notevoli operazioni effettuate direttamente in Italia e premi assicurativi versati a compagnie di assicurazioni italiane.

Quanto infine alla doglianza del contribuente relativamente alla nullità dell’avviso impugnato perché non preceduto dalla previa instaurazione del contraddittorio con conseguente lesione del diritto di difesa, l’Ufficio ha inviato al sig.—— specifico invito a presentarsi presso la propria sede onde produrre documentazione relativa agli emolumenti corrispostigli dall’ —— per la sua qualità di amministratore. In ottemperanza all’invito ricevuto, il contribuente si è presentato presso l’Ufficio ed ha esibito tutta una serie di documenti. Si ritiene, pertanto, che il rapporto di collaborazione fra le parti è stato rispettato dall’Ufficio. La Commissione, per i motivi di cui sopra, accoglieva l’appello e riformava la sentenza impugnata.