Preclusioni probatorie nel processo tributario (decadenza dal diritto di produrre documenti). La difesa tributaria inizia prima del contenzioso. Il comportamento del contribuente, durante l’accertamento fiscale, può influire sull’esito del ricorso. Infatti, secondo l’art. 32, comma 4, DPR n. 600/73, le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti del Fisco “non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”. Per tale ragione, risulta opportuno, non appena iniziate le ispezioni / verifiche fiscali (l’accertamento fiscale), consultasi con un avvocato tributarista.

Facciamo l’esempio dell’accertamento fiscale del reddito complessivo basato sul tenore di vita di una persona fisica, in relazione al quale l’Amministrazione finanziaria abbia chiesto chiarimenti in ordine ai fatti-indice di capacità contributiva. Se il contribuente è rimasto inerte durante lo svolgimento dell’attività istruttoria e successivamente, in sede giudiziale, riversi la documentazione comprovante l’inesistenza del presupposto impositivo, chiedendo per conseguenza, l’annullamento degli atti amministrativi, si configurerebbe, il classico coup de théâtre e la vanificazione dell’attività svolta dall’Amministrazione finanziaria, poiché, qualora quest’ultima fosse stata in grado di esaminare detta documentazione, il provvedimento impositivo non sarebbe stato emesso, o sarebbe stato redatto in modo diverso, in ragione, appunto, della forza dimostrativa della documentazione medesima.

Le suddette disposizioni (nonostante l’apparenza), non sono dirette a limitare il diritto di difesa nell’ambito del processo tributario e non nascono dall’idea di comprimere gli spazi di manovra spettanti a quei contribuenti che sono stati destinatari di un avviso di accertamento. Il diritto di difesa non può essere inteso in senso totemico, è certamente un principio che necessità di coordinamento con gli altri principi, come il principio costituzionale di buona amministrazione e il principio statutario della buona fede.

Alla luce dei suddetti principi, per evitare quindi la dispersione di risorse economiche e amministrative, al contribuente è richiesto di comportarsi bene (con buona fede), cioè, di mettere l’Amministrazione finanziaria nella condizione di evitare l’emanazione di provvedimenti destinati a cadere, o quanto meno a ridimensionarsi, in sede amministrativa o contenziosa (vanificando, anzi banalizzando la potestà amministrativa impositiva). Il contribuente che non rispetti questa regola, quindi, verrà sanzionato con l’inutilizzabilità dei documenti richiesti dalla Amministrazione finanziaria, ma prodotti solamente in giudizio.

Dato il fatto che quest’ultimo effetto può determinare una compressione del diritto di difesa, è evidente come tale effetto si produca solo in casi particolari ed è subordinato al rispetto di precise condizioni, cioè, alla declinazione degli inviti rivolti al contribuente ed allo stato soggettivo del destinatario della richiesta.

Quanto alla declinazione degli inviti, deve trattarsi di richieste specifiche. Per esempio, dovrebbe reputarsi specifica la richiesta di produzione delle fatture di acquisto registrate nel periodo d’imposta cui si riferisce il controllo, mentre apparirebbe generico l’invito a produrre “tutta la documentazione” riguardante le minusvalenze dedotte nella annualità. Parimenti sarebbe specifica la richiesta di produrre il contratto di acquisto di una determinata autovettura e la correlata polizza assicurativa, mentre dovremmo considerare generica la richiesta di esibizione di “tutte le movimentazioni contabili” e di “tutta la documentazione extracontabile” relativa al conto dedicato alle spese di manutenzione di quel bene.

Per tale motivo, non è possibile parlare di mancata esibizione o rifiuto di esibizione, quando il contribuente sia destinatario di richieste generiche, da un certo punto di vista, indeterminate. Infatti, anche l’Amministrazione finanziaria deve comportarsi secondo buona fede, nel senso che, non può strumentalizzare la richiesta per trarre vantaggio, in un secondo momento, dalla situazione di inutilizzabilità. In altre parole il fisco non può inoltrare richieste generiche per porre il contribuente di fronte al bivio tra un adempimento particolarmente vessatorio (per esempio “presentare tutto”) e il rischio della inutilizzabilità di tutto ciò che non sia stato prodotto in risposta all’invito. Prima di invocare l’inutilizzabilità di questo o quel documento, l’Amministrazione fiscale deve dimostrare che quel documento è stato puntualmente richiesto e che quella richiesta non era equivocabile.

L’omessa produzione non deve altresì dipendere da causa non imputabile al contribuente. E’ necessario pertanto il dolo (la volontà), la cui dimostrazione spetta all’Ufficio finanziario che intenda avvalersi dell’effetto dell’inutilizzabilità, deve trattarsi quindi di contribuente che ha agito intenzionalmente quale soggetto non collaborativo, non essendo sufficiente la mera colpa.

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