Sentenza N. 100173 del 9 maggio 2014 della Sezione Sesta Civile della Cassazione
IRAP professionista: una vasta clientela e la presenza, nello studio professionale, di un dipendente non possono ritenersi indice di “stabile organizzazione”.
Se il professionista impiega beni strumentali eccedenti le quantità che costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività e se la prestazione lavorativa del terzo risulta tale da incidere significativamente sulla produzione del reddito, sussiste una “stabile organizzazione“.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte ha accolto il ricorso di un commercialista concernente un’istanza di rimborso IRAP.
Ad avviso della Suprema Corte, il giudice di secondo grado non ha adeguatamente motivato la sussistenza del presupposto impositivo dell’IRAP, la “autonoma organizzazione“.
La CTR non ha assolutamente spiegato per quali ragioni dalla vastità della clientela del professionista si potrebbe e dovrebbe dedurre che quest’ultimo impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure che si avvalga in modo significativo e non occasionale di lavoro altrui.
Ai fini della ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione del libero professionista, non è sufficiente che quest’ultimo sia il responsabile dell’organizzazione, ma è altresì necessario che lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo significativo e non occasionale di lavoro altrui.
La disponibilità di un dipendente (magari part time o con funzioni meramente esecutive) non necessariamente accresce la capacità produttiva del professionista, ossia non necessariamente si risolve in un fattore impersonale e aggiuntivo alla sua produttività, potendo anche costituire una mera comodità per il professionista medesimo e per i suoi clienti (cfr., tra le altre, Cass. Sez. VI – T sentenza 22021/2013).
La Suprema Corte concludeva che “anche in presenza di un rapporto di lavoro dipendente, è necessario, ai fini dell’assoggettabilità del professionista all’IRAP, che dagli atti risultino (e il giudice di merito ponga a fondamento della propria decisione) evidenze da cui sia possibile dedurre che il dipendente determina un qualche potenziamento della capacità produttiva del professionista”.
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