INTIMAZIONE DI PAGAMENTO. VIZI POTENZIALMENTE IDONEI AD INFICIARE LA LEGITTIMITÀ.

Intimazione di pagamento. L’intimazione di pagamento è l’atto che l’Agenzia delle Entrate Riscossione notifica al contribuente, al fine di potere avviare l’espropriazione forzata, nell’ipotesi in cui sia decorso più di un anno dall’invio della cartella di pagamento o sei mesi da una precedente intimazione di pagamento.

Dalla data di notifica dell’atto, al debitore sono concessi 5 giorni per effettuare il versamento di quanto dovuto, in un’unica soluzione o mediante il ricorso ad un piano di dilazione (ordinario, max 72 rate, o straordinario, max 120 rate). Nel caso in cui il contribuente non effettuasse il versamento totale o dilazionato nel suddetto termine, Agenzia delle Entrate Riscossione sarebbe legittimata a procedere con le azioni di recupero coattive previste dalla legge: pignoramento mobiliare, pignoramento immobiliare, pignoramento presso terzi.

Prima di procedere al pagamento delle somme richieste appare opportuno verificare che l’intimazione di pagamento non risulti affetta da vizi potenzialmente idonei ad inficiare la sua legittimità ed in particolare che:

  • gli atti (cartelle di pagamento, avvisi di addebito, avvisi di accertamento) sottostanti all’intimazione siano stati tutti regolarmente notificati al contribuente, nel rispetto delle procedure previste dalla legge;

«In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa» (Cass., Sez. U. n. 10012/2021, Cass., n. 1144/2018, in consolidamento di Cass., Sez. U., n. 5791/2008, Cass., Sez. U. n. 16412/2007).

  • il credito indicato nelle cartelle non risulti estinto per maturata prescrizione;
  • che l’intimazione di pagamento non difetti di motivazione, errori di calcolo che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto, la mancata indicazione degli elementi essenziali dell’atto ed i relativi avvisi che deve necessariamente contenere, etc… 

Nel caso in cui dovesse configurarsi almeno una delle citate situazioni, è opportuno e consigliato impugnare tempestivamente l’intimazione dinanzi al giudice competente, al fine di ottenere una pronuncia che accerti giudizialmente le anomalie emerse ed annullare l’atto impugnato ed eventualmente anche gli atti presupposti.

Sentenza n. 6209/2022, pubblicata in data 24/02/2022 della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Roberta Crucitti, Cons. rel. Filippo D’Aquino).

Secondo la Cassazione il semplice riferimento alla cartella di pagamento, in precedenza notificata, deve ritenersi motivazione sufficiente dell’intimazione e non occorre, pertanto, allegare la cartella all’intimazione. L’omessa indicazione del responsabile del procedimento non comporta la nullità dell’intimazione, non essendo tale sanzione prevista dalla relativa norma (art. 7, comma 2, l. n. 212/2000), l’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento, a pena di nullità, attiene alle sole cartelle di pagamento di cui all’art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008 (art. 36, comma 4-ter, d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, conv. dalla l. 28 febbraio 2008, n. 31).

INTIMAZIONE DI PAGAMENTO. FATTO.

La società contribuente ha impugnato diverse intimazioni di pagamento, riferite a precedenti cartelle di pagamento, deducendo l’omessa notificazione degli atti presupposti, nonché deducendo il difetto di motivazione e contestando nel merito la prescrizione e la sussistenza del credito, contestando in via gradata gli interessi di mora applicati e il compenso di riscossione.

La CTP di Frosinone ha dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione ad alcune delle intimazioni di pagamento e ha rigettato nel resto il ricorso, osservando che le intimazioni attenevano a crediti oggetto di rateizzazione accordata e non onorata dalla società contribuente.

La CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza del 4 dicembre 2014, ha rigettato l’appello della società contribuente. Il giudice di appello ha accertato l’avvenuta notificazione delle cartelle di pagamento cui attengono gli avvisi impugnati, osservando come le cartelle non fossero state impugnate e che tali crediti fossero stati, poi, oggetto di rateizzazione. Ha, poi, rigettato l’eccezione di carenza di motivazione in relazione agli interessi e ai compensi di riscossione, non avendo la società contribuente, a fronte delle indicazioni contenute nell’atto, fornito alcuna prova contraria. Ha, infine, ritenuto il giudice di appello inammissibile la deduzione dell’omessa sottoscrizione degli atti da parte del responsabile del procedimento in quanto proposta per la prima volta in appello, rigettandola nel merito.

La società contribuente proponeva ricorso per cassazione.

INTIMAZIONE DI PAGAMENTO. MOTIVI DELLA DECISIONE.

  • Il contribuente nel proprio ricorso deduceva che all’atto di intimazione si sarebbe dovuta allegare la cartella di pagamento o, comunque, l’atto avrebbe dovuto contenere una motivazione che consentisse di conoscere l’ammontare e la causale del pagamento richiesto. Deduceva, inoltre, il ricorrente come gli atti impugnati, a dispetto delle indicazioni contenute nell’art. 50, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non contengano gli elementi che dovrebbero ritenere sussistente una motivazione di tipo sintetico, osservando come non sarebbero contenuti elementi relativi al calcolo degli interessi di mora e ai compensi di riscossione.

La Corte sul punto precisava che “secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’avviso di intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, da notificarsi al contribuente ai sensi dell’art. 50, commi secondo e terzo, d.P.R. n. 602/1973, ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata (Cass., Sez. V, 19 ottobre 2021, n. 28772; Cass., Sez. VI, 19 novembre 2020, n. 26403; Cass., Sez. V, 11 maggio 2020, n. 8700; Cass., Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 1961; Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28689). Non occorre, pertanto, allegare all’intimazione la cartella di pagamento. Inammissibile è, poi, la doglianza relativa alla insussistenza del contenuto minimo dell’intimazione in assenza di alcuna ulteriore specificazione da parte del ricorrente”.

  • In relazione alla “nullità dell’intimazione di pagamento per omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento” la Suprema Corte “osserva che l’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento attiene alle sole cartelle di pagamento di cui all’art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008 (art. 36, comma 4-ter, d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, conv. dalla l. 28 febbraio 2008, n. 31).

Si tratta di una disposizione derogatoria dell’art. 7, comma 2, l. n. 212/2000, che più blandamente prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione (complessivamente intesi) devono «tassativamente» indicare, tra le altre cose, «il responsabile del procedimento», ma la cui omissione non comporta nullità dell’atto medesimo, non essendo tale sanzione prevista dalla suddetta disposizione (Cass., Sez. V, 17 giugno 2021, n. 17237; Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613).

Ne consegue che la speciale sanzione della nullità di cui all’art. 36, comma 4-ter, d.l. n. 248/2007 non può trovare applicazione in materia di avvisi di intimazione di pagamento, trattandosi di atto del procedimento della riscossione successivo e distinto dalla cartella di pagamento (Cass., 21 gennaio 2021, n. 1226; Cass., Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 1961; Cass., Sez. V, 1° ottobre 2018, n. 23672)”.

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