Contraddittorio nell’accertamento fiscale: considerate le limitate possibilità probatorie nei giudizi tributari, nei quali non è consentita l’assunzione di prove orali, la partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell’atto impositivo (il contraddittorio) deve ritenersi essenziale per garantire al destinatario il diritto di difesa tutelato e la piena parità nel corso della successiva fase processuale – in breve i motivi di rimessione della Commissione Regionale della Toscana, Siracusa e Campania. La tanta attesa conferma non è arrivata con le relative decisioni della Consulta (Ordinanze nn. 187, 188, 189/2017), la quale, per motivi di inammissibilità non si è potuta pronunciare sulla questione. Si spera pertanto in una riproposizione della stessa.
1.
Ordinanza n. 187 del 5.7.2017 della Corte Costituzionale (pubblicata in data 13.7.2017), nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 (recte: art. 12), comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), promosso dalla Commissione tributaria regionale della Toscana.
La Commissione tributaria regionale della Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale del comma 7 dell’art. 10 (recte: dell’art. 12) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo comma, della Costituzione. Il giudizio principale attiene all’appello proposto dalla Prefabbricati Pistoiese Srl avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia e tra i motivi di impugnazione, vi è stato anche quello della asserita invalidità dell’accertamento per la mancata instaurazione del contraddittorio anticipato, in violazione del disposto di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000.
MOTIVI DI RIMESSIONE
La suddetta disposizione – in linea con l’interpretazione offerta da ultimo dalla Corte di Cassazione, sezioni unite, con la sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, cui viene ascritto il portato proprio del “diritto vivente” sul tema in oggetto – garantisce il relativo modulo procedimentale, a pena di invalidità del conseguente accertamento, limitatamente ai soli controlli effettuati tramite accessi, ispezioni o verifiche sui luoghi di riferimento del contribuente, meglio descritti dal comma 1 dello stesso art. 12
Mentre, per i controlli fiscali realizzati in ufficio dai verificatori, in assenza di una specifica previsione normativa in tal senso, viene esclusa la presenza di un principio generale, immanente nel sistema, destinato ad imporre l’obbligo del contraddittorio preventivo all’atto impositivo, salvo che per i tributi armonizzati, in relazione ai quali detto obbligo è desumibile dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 e sempre che, come più volte ribadito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, l’interessato abbia dato prova dell’incidenza effettiva della violazione sulla formazione dell’atto che ha recato pregiudizio allo stesso.
Secondo la Commissione rimettente – considerato il limitato perimetro dell’approfondimento probatorio proprio dei giudizi tributari, nei quali non è consentita l’assunzione di prove orali – la partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell’atto impositivo deve ritenersi essenziale per garantire al destinatario il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost., nonché piena parità nel corso della successiva fase processuale, anche in applicazione degli artt. 111 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La limitazione del contraddittorio preventivo, a pena di invalidità dell’atto, ai soli accertamenti realizzati a seguito di accesso, infatti, sarebbe irragionevolmente discriminatoria per quei contribuenti che non hanno subito una verifica presso i locali di esercizio della relativa attività, con conseguente non manifesta infondatezza dei dubbi di illegittimità in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., parametro, quest’ultimo, evocato in ragione delle conseguenze che derivano dalla riscontrata diseguaglianza in ordine alla corretta individuazione dei dati fondanti la capacità contributiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ad avviso della Corte, la sollevata questione risulta manifestamente inammissibile, per la inadeguata descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale, in quanto effettuata con modalità tali da non consentire alla Corte stessa la necessaria verifica della rilevanza della questione (ex plurimis, ordinanze n. 12 del 2017 e sentenza n. 218 del 2014).
Dal complessivo tenore della ordinanza di rimessione emerge, esclusivamente, che il relativo giudizio attiene ad un accertamento inerente redditi del 2008, fondato, tra l’altro, sulle risultanze “di 26 contratti di compravendita stipulati” dalla società ricorrente “in cui venivano indicati valori ritenuti non congrui dall’Amministrazione”. La lacunosa descrizione della fattispecie non consente di identificare le caratteristiche del procedimento che ha portato all’accertamento contestato e neppure l’effettiva natura di quest’ultimo.
La carenza descrittiva, infatti, precludeva alla Corte – cui non è consentita la lettura degli atti di causa in ragione del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione (tra le ultime, ordinanza n. 237 del 2016) – la possibilità di verificare se si verta o meno in una delle ipotesi per le quali il contraddittorio è comunque imposto ex lege (non potendosi eventualmente escludere, ad esempio, che l’accertamento risulti fondato anche su parametri standardizzati, quali gli studi di settore, per i quali, come è noto, l’obbligo di contraddittorio preventivo è imposto dal relativo dato normativo di riferimento). Per tale motivo, la questione veniva dichiarata manifestamente inammissibile.
2.
Ordinanza n. 188 del 5.7.2017 della Corte Costituzionale (pubblicata in data 13.7.2017), nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 32, 39 e 41-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Siracusa.
La Corte Costituzione, con la suddetta ordinanza ha dichiarato manifestamente inammissibile anche l’ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Siracusa, sempre relativa alla questione del contraddittorio preventivo, poiché, come dai motivi del ricorso proposto nel giudizio principale, l’eccezione sollevata non risulta risolutiva nel caso concreto, il quale sembra esaurirsi con delle eccezioni preliminari.
3.
Ordinanza n. 189 del 5.7.2017 della Corte Costituzionale (pubblicata in data 13.7.2017), nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Commissione tributaria regionale della Campania, nel procedimento vertente tra R.C. e l’Agenzia delle Entrate, sollevando questione di legittimità costituzionale del “diritto nazionale” e dunque di “tutte le norme” interne che “a differenza del diritto dell’Unione europea”, non prevedono alcun “obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria, vieppiù a pena di nullità”, disposizioni ritenute in contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, nonché “comunque con criteri comuni di razionalità ed uniformità logico-giuridica, di diritto interno ed internazionale”.
Con l’ordinanza di cui sopra, la eccezione sollevata dalla CRT della Campania, veniva ritenuta anche essa inammissibili per la generica e incerta formulazione del petitum sotto il profilo sia della individuazione delle specifiche disposizioni censurate, sia della conseguente indeterminatezza della pronunzia da adottare per eliminare i vizi di illegittimità costituzionale denunziati (sentenza n. 218 del 2014).
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