Sentenza n. 27330/2016 della Suprema Corte di Cassazione – sezione 5° tributaria

Accertamento fiscale: le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 49 del 12 maggio 2009 la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso gli avvisi di accertamento emessi ai fini IVA, IRPEF ed IRAP nonché per omessi contributi previdenziali relativamente agli anni di imposta 2002 e 2003, con i quali l’Amministrazione finanziaria, sulla scorta delle risultanze del processo verbale di constatazione redatto in data 8 febbraio 2006, aveva accertato maggiori ricavi realizzati dal contribuente nei predetti anni di imposta nell’espletamento dell’attività di commercio al dettaglio di abbigliamento per adulti.

I giudici di appello sostenevano che i maggiori ricavi relativi agli anni di imposta 2002 e 2003 erano stati determinati sulla base di una percentuale di ricarico rilevata al momento dell’accesso effettuato nell’anno 2005 con riferimento soltanto al primo quadrimestre, quindi, senza considerare “l’andamento fluttuante delle vendite di ciascun periodo” e che era generica ed indimostrata la tesi sostenuta dall’Amministrazione finanziaria dell’insussistenza di eventi significativi che avessero inciso sulle politiche commerciali dell’azienda e, quindi, sulla sostanziale stabilità delle percentuali di ricarico applicate nei vari periodi di imposta.

Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza gravata, confermando la statuizione di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria, con riferimento agli anni di imposta 2002 e 2003, aveva accertato maggiori ricavi conseguiti dal contribuente nell’espletamento del commercio al dettaglio di capi di abbigliamento, sostenendo che, nel caso di specie, la circostanza che la maggiore percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio finanziario fosse stata determinata considerando i dati di un solo quadrimestre dell’anno 2005, come tali non “significativi per un intero anno“, anche alla stregua “dell’andamento fluttuante delle vendite di ciascun periodo“, rendeva inattendibile l’accertamento di maggiori ricavi effettuato dall’Ufficio finanziario e che, in ogni caso, l’autonomia dei singoli periodi di imposta precludesse comunque all’Ufficio di utilizzare i dati raccolti nell’anno di imposta 2005 per determinare i maggiori ricavi conseguiti nei precedenti anni di imposta.

L’Agenzia ricorrente censura tale pronunciamento sostenendo che i giudici di appello hanno violato gli artt. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 2697 cod. civ. nel ritenere preclusa all’Amministrazione finanziaria l’utilizzazione della percentuale di ricarico applicata in concreto dal contribuente in un determinato periodo di imposta per individuare i maggiori ricavi conseguiti in altri periodi di imposta, in assenza di prova – il cui onere incombe sul contribuente – di mutamenti qualitativi o quantitativi dell’azienda commerciale o, più in generale, delle condizioni di mercato, peraltro ponendosi in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (primo motivo di ricorso) e con motivazione che neanche si sottrae al rilievo della sua insufficienza (secondo motivo di ricorso) laddove, in presenza di elementi presuntivi di continuità gestionale dell’esercizio commerciale, che il contribuente non aveva contrastato, ha ritenuto illegittime le modalità di accertamento dei maggiori ricavi come operato in concreto dall’Amministrazione finanziaria. 3. I motivi sono fondati e vanno accolti.

Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale di questa corte in materia tributaria, le circostanze di fatto, comprese quelle relative alle percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, benché non possono essere estese acriticamente ad altro esercizio, precedente o successivo, stante l’autonomia di ogni periodo impositivo, in quanto, secondo regola d’esperienza, “l’entità dei vari ricarichi non è una variabile indipendente di carattere occasionale, ma condizionata da serie fattori che costituiscono nel loro insieme le condizioni mercato (ad esempio la situazione concorrenza esistente in concreto, il settore merceologico, località, posizione dell’esercizio con l’eventuale rendita posizione, ecc.)(cfr., in motivazione, Cass. 1286 del 2004; in senso analogo, in tema di IVA e con riguardo alla determinazione del volume di affari, cfr. Cass. n. 2940 del 1984,n. 12774 del 1998 e n. 1647 del 2010).

Pertanto, in presenza, come nella specie, dell’individuazione, effettuata in concreto, delle percentuali di ricarico applicate dal contribuente nel primo quadrimestre dell’anno di imposta 2005 ed in assenza di fattori rappresentativi di una distorsione del mercato in cui operava il predetto contribuente o anche di una modifica della politica commerciale attuata dal medesimo — la cui prova, se non altrimenti acquisita, avrebbe dovuto fornire il contribuente, gravato del relativo onere anche in virtù del principio di vicinanza della prova — hanno errato i giudici di appello che, con argomentazioni del tutto contrastanti con i sopra citati principi giurisprudenziali, ponendo a carico dell’Amministrazione finanziaria un onere probatorio che non le competeva e, peraltro, ritenendo sussistente un che non risulta essere stato provato dal contribuente, hanno ritenuto illegittimo l’atto impositivo emesso dall’Amministrazione finanziaria.

La Suprema Corte, quindi, accoglieva i motivi di ricorso con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che, in diversa composizione, rivaluterà la vicenda processuale alla stregua dei principi sopra enunciati.