Impugnare pretese tributarie. In relazione all’impugnazione delle cartelle riportanti pretese tributarie la Cassazione con sentenza n. 1302/2018 – Presidente: Bruschetta Ernestino Luigi – Relatore: Tedesco Giuseppe – Data pubblicazione: 19/01/2018 ci fornisce ulteriori regole di cui tener conto.

Il contribuente, incerto della propria situazione debitoria nei confronti del Fisco, potrebbe recarsi presso l’Agenzia delle Entrate Riscossione al fine di richiedere l’estratto di ruolo. Esaminando il ruolo potrebbe accorgersi dell’esistenza di alcune cartelle mai notificate o comunque riportanti crediti prescritti anche successivamente alla notifica delle stesse. In questo caso il contribuente potrà impugnare il ruolo relativo alle cartelle contestate?

Cosa succede se il contribuente impugna il solo ruolo senza impugnare anche le relative cartelle? Il Fisco può provare in giudizio la notifica delle cartelle mediante archivi informatici o attestazioni dell’ufficio postate? La mancata impugnazione dell’estratto di ruolo nei termini di legge (per es. 60 gg in sede tributaria) comporta la decadenza dal diritto di impugnare le relative cartelle e le stesse diventeranno definitive e non più impugnabili?

È IMPUGNABILE IL SOLO ESTRATTO DI RUOLO NON ACCOMPAGNATA DALLA CONTEMPORANEA IMPUGNAZIONE DELLE RELATIVE CARTELLE?

L’Agenzia delle Entrate Riscossione, con il proprio ricorso, sosteneva che l’iscrizione a ruolo non è autonomamente impugnabile e proponeva ricorso in Cassazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, lett. d) del d. Igs. n. 546 del 1992 (art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.).

La Suprema Corte ha confermato il principio secondo cui è impugnabile l’estratto di ruolo (in quanto costituisce di fatto impugnazione delle ivi previste pretese tributarie) e quindi, nel caso in cui il contribuente prende cognizione della pretesa tributaria per la prima volta a seguito dell’accesso all’estratto di ruolo non è obbligato ad attendere ulteriori atti impositivi al fine di impugnare dette pretese fiscali (che peraltro non sono diventate definitive, in quanto non regolarmente notificate). Attenzione però all’ipotesi di carenza d’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., sollevata quasi sempre dalla A. F. e spesso accolta dal Giudicante.

Infatti, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il suddetto motivo, in quanto le Sezioni Unite hanno fissato il seguente principio:

«È ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (Cass., S.U, n. 19704/2015)».

COSTITUISCONO PROVA DELLA NOTIFICA DELL’ATTO DI RISCOSSIONE GLI ARCHIVI INFORMATICI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE O ATTESTAZIONI DELL’UFFICIO POSTATE?

Con il secondo motivo AdER denunciava violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 (art. 360, comma primo, n. 3, c. p. c.).

La Suprema corte confermava che grava sul concessionario della riscossione l’onere di provare la regolare notificazione della cartella di pagamento posta a base dell’iscrizione contestata. Tale onere deve essere assolto mediante produzione in giudizio della relata di notificazione, ovvero dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale.

In assenza di tali produzioni, l’onere probatorio posto a carico del concessionario non risulta assolto. Né quest’ultimo può fondatamente avvalersi del disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione finanziaria: tale norma, infatti, non enuclea un’ipotesi di esenzione, oltre il quinquennio, dall’onere della prova a vantaggio del concessionario, limitandosi a stabilire che quest’ultimo conservi la prova documentale della cartella notificata a soli fini di esibizione al contribuente o all’Amministrazione. Ciò non toglie che, per le esigenze connaturate al contenzioso giurisdizionale, trovino pieno e continuativo vigore – se necessario, anche oltre i cinque anni – le disposizioni generali sul riparto e sul soddisfacimento dell’onere probatorio.

Ne consegue che il concessionario è comunque tenuto, indipendentemente dal suddetto obbligo di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la prova della notificazione della cartella: una cosa essendo l’obbligo di conservazione a fini amministrativi, organizzativi ed ispettivi, e tutt’altra l’osservanza dell’onere probatorio, non derogato dalla norma speciale (Cass. n. 6887/2016).

LA MANCATA IMPUGNAZIONE DELL’ESTRATTO DI RUOLO NEI TERMINI DI LEGGE COMPORTA LA DECADENZA DALL’IMPUGNARE LE RELATIVE PRETESE E LE STESSE DIVENTERANNO DEFINITIVE?

Il controricorrente riteneva che la conoscenza della iscrizione tramite l’estratto di ruolo impone che la impugnazione sia proposta nel termine, mentre così non è, come chiarito dalle Sezioni Unite con la pronuncia sopra citata: la conoscenza della iscrizione, acquisita mediante l’estratto di ruolo «non comporta l’onere bensì solo la facoltà dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare successivamente, in ipotesi dopo la notifica di un atto “tipico”, la pretesa della quale il contribuente sia venuto a conoscenza (eventualmente attraverso un atto “atipico”, in quanto ad esempio non manifestato in forma “autoritativa” oppure privo delle indicazioni previste dal secondo comma dell’articolo 19 citato)» (Cass., S.U., n. 19704/2015).

Articoli correlati: RICORSI CONTRO CARTELLE – MOTIVO PER CUI IL CONTRIBUENTE AVEVA RAGIONE!, NOTIFICHE A AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE. ADER CREA CONFUSIONE CON LA PROPRIA PEC – CHE SFRUTTA!.

(Studio Legale Kòsa Musacchio – Click Avvocato – Avvocato del contribuente).