ACCERTAMENTO IRAP – IL RADDOPPIO DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO NON È APPLICABILE ALL’IRAP.
Sentenza n. 622/2020 del 24.2.2020 della CTR della Lombardia
Gli avvisi di accertamento, con riferimento alle imposte sui
redditi, all’IRAP e all’IVA, devono essere notificati ai contribuenti, a pena
di decadenza, entro specifici termini previsti
dagli art. 43 D.P.R. 600/1973 e 57 D.P.R. 633/1972.
I suddetti termini di decadenza, ex art. 43, comma 3 del DPR
n. 600/1973, sono raddoppiati nel caso in cui la violazione tributaria comporta
l’obbligo di denuncia.
Con la recentissima sentenza della Commissione Regionale della Lombardia veniva chiarito che i termini relativi all’accertamento IRAP non possono raddoppiarsi, ex art. 43, comma 3 del DPR n. 600/1973, per mancanza di presupposto, ovvero perché il fatto non costituisce reato.
A supporto la Commissione, ex plurimus, citava:
- Cass. Penale sent. 11147/2011: “ La Legge non conferisce rilevanza penale all’eventuale evasione dell’imposta regionale sulle attività produttive e le dichiarazioni oggetto del reato di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000 sono solamente le dichiarazioni dei redditi le dichiarazioni IVA”;
- Cass. Civile sent. 4775/2026: “3.3…la disciplina introdotta dall’art. 37 del DL n. 233/2006, come successivamente convertito, non si applica agli accertamenti relativi all’IRAP”;
- Cass. Civile ord. 1425/2018: “non essendo all’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 20435/2017, n. 4775/2016, n. 26311/2017, n. 23629/2017).
L’inapplicabilità di tale termine “lungo” all’IRAP discende dal mancato inserimento delle violazioni relative all’imposta regionale tra le ipotesi delittuose previste dal D. Lgs. n. 74 del 2000, testo che ricomprende in modo espresso solamente i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
La disciplina penale risulta quindi non applicabile all’IRAP, in quanto le violazioni riferibili a tale imposta non sono idonee a porre in esame fatti penalmente rilevanti. Una diversa interpretazione si pone in contrasto con il divieto di analogia, ai sensi di quanto espressamente previsto dall’art. 25 Cost., comma 2.
Tale interpretazione risulta peraltro condivisa dalla stessa Amministrazione Finanziaria, che nella C.M. 154/E del 4.8.2000, ha precisato che sono escluse dalla fattispecie criminosa le dichiarazioni ai fini IRAP e che nel caso in cui la dichiarazione sia presentata in forma unificata, acquistano rilievo (penale) solamente le violazioni in materia di imposte dirette e IVA.
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