STRUMENTI DI PROTEZIONE DEL PATRIMONIO – IL FONDO PATRIMONIALE – COSTITUZIONE – PIGNORABILITA’ – AMMINISTRAZIONE – CESSAZIONE – ASPETTI FISCALI – MA E’ DAVVERO COSì UTILE?

Il fondo patrimoniale costituisce uno dei principali strumenti di protezione del patrimonio familiare, unitamente al trust, al patto di famiglia, alla holding di famiglia e all’intestazione fiduciaria e rappresenta, ex art. 167 c. c., un vincolo di destinazione di un complesso di beni determinati (beni immobili, mobili registrati, titoli di credito, diritti reali come quello di superficie, usufrutto ed enfiteusi, esclusi però quelli di uso, abitazione e le servitù, in quanto legate personalmente al soggetto) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

Può essere costituito da uno dei coniugi, da entrambi i coniugi o da un terzo, anche per testamento, ma necessariamente per atto pubblico.
Il fondo patrimoniale ha quale presupposto il vincolo coniugale dei coniugi e dunque è precluso ai soggetti non coniugati ma con figli, ai vedovi oppure ai conviventi more uxorio. Attraverso questo istituto la proprietà dei beni resta dei coniugi i quali però non potranno disporne per scopi estranei agli interessi della famiglia, con particolare attenzione alle esigenze dei figli. I coniugi non potranno, quindi, vendere i beni inseriti nel fondo senza il consenso dell’altro coniuge e saranno obbligati ad impiegare i beni del fondo e/o i loro frutti (ad es. i canone di locazione di un immobile) al soddisfacimento delle necessità della famiglia.

UTILITA’ DEL FONDO – PIGNORABILITA’ ED ASSOGGETTABILITA’ ALLA REVOCATORIA E FALLIMENTO

La ratio della norma è quella di assicurare alla famiglia una sorta di patrimonio “separato”, privo di personalità giuridica e non soggetto al principio generale di responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte ex art. 2740 c. c.. Infatti, i beni del fondo e i relativi proventi non sono aggredibili dai creditori dei coniugi per debiti estranei ai bisogni della famiglia ex art. 170 c. c.. Possono invece i creditori soddisfarsi sul fondo, anche se successivi alla costituzione dello stesso, per crediti sorti per bisogni familiari (es. spese scolastiche dei figli, manutenzione della casa, spese condominiali, imposte sul reddito dovuti allo Stato).

Ma è davvero così utile il fondo patrimoniale, protegge realmente il patrimonio familiare dai creditori dei coniugi? La prima importante demolizione del fondo patrimoniale è avvenuta con l’art. 2929-bis del c. c. che ha reso pignorabile lo stesso anche per debiti estranei alle esigenze familiari se il creditore trascrive, nei pubblici registri, il suo pignoramento entro l’anno successivo alla costituzione del fondo stesso. Affinché la tutela del fondo sia efficace devono, quindi, trascorrere 12 mesi dalla sua costituzione senza che nessuno promuova azione esecutiva.

Una successiva demolizione è arrivata dai giudici di legittimità, secondo cui rientra nel concetto di “bisogni della famiglia” (che consentono il pignoramento dei beni facenti parte del fondo) un vasto elenco di debiti: i debiti fiscali, i debiti nei confronti di fornitori dell’attività lavorativa, i debiti da fideiussione prestata per l’azienda di famiglia, nonché i debiti derivanti dall’attività professionale (mutuo contratto per l’attività professionale, debiti per omesso pagamento degli stipendi dei dipendenti, ecc.). Il fondo risulta quindi aggredibile anche dai creditori dell’attività lavorativa dei coniugi, sia essa imprenditoriale che professionale. In questo modo sembra quasi totalmente coperta la situazioni debitoria degli stessi (Ordinanza n. 8881 del 11.4.2018 della Suprema Corte e Ordinanza n. 25443 del 26.10.2017 della Suprema Corte). Il fondo risulta quindi inattaccabile solo per debiti contratti per esigenze di natura voluttuaria come potrebbe essere un viaggio vacanza o caratterizzati da intenti speculativi come un investimento mal riuscito. Sono gli unici casi che potrebbero dar senso alla costituzione di un fondo patrimoniale.

La disposizione dei beni in un fondo patrimoniale è assoggettabile entro cinque anni dalla costituzione del fondo all’azione revocatoria ordinaria, al fallimento e alla nuova azione revocatoria ex art. 2929-bis c. c..

L’AMMINISTRAZIONE DEI BENI DEL FONDO

L’amministrazione dei beni in fondo è regolata dalle norme relative alla comunione legale dei beni tra i coniugi ex art. 168 c. c.. Tuttavia, il compimento di atti di straordinaria amministrazione spetta ai coniugi congiuntamente. In questo caso, qualora la proprietà del bene in fondo patrimoniale fosse solo di uno dei coniugi, egli non potrebbe liberamente disporre del bene se non previo consenso dell’altro coniuge. In caso di figli maggiorenni, è necessario anche il loro consenso mentre, se i figli sono minorenni, l’autorizzazione dovrà essere concessa dal Tribunale.

LA CESSAZIONE E LA SUCCESSIONE DEL FONDO

Il fondo patrimoniale cessa con l’annullamento, lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio o per espressa volontà delle parti costituenti. In ogni caso, non genera la cessazione del fondo la separazione personale tra coniugi. Anche la morte di uno dei coniugi comporta la cessazione del fondo. Se, al momento della costituzione del fondo, il coniuge disponente si era riservata la proprietà del bene inserito nel fondo,  una volta deceduto, detto bene si trasferirà agli eredi secondo quanto previsto dalla legge o dal testamento. Il bene costituirà, quindi, garanzia per i creditori del defunto. Se invece a decedere è l’altro coniuge non proprietario del bene inserito nel fondo, tale bene non entrerà a far parte dell’asse ereditario e quindi gli eredi di quest’ultimo non risponderanno dei debiti del defunto con tale cespite. Quando invece nella costituzione del fondo non viene prevista la riserva di proprietà, il bene è da considerarsi in comproprietà dei coniugi al 50% e quindi solo una metà farà parte del patrimonio ereditario costituendo quindi, solo per tale misura, garanzia dei creditori del defunto.

ASPETTI FISCALI DEL FONDO PATRIMONIALE

I redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale, ai fini delle imposte dirette sono imputati al 50% a ciascuno dei coniugi (articolo 4, comma 1, lettera b, del TUIR) anche nell’ipotesi in cui uno dei due si riservi la proprietà esclusiva dei beni conferiti (circolare 20/E del 2012). In relazione invece all’imposizione indiretta, si applica l’imposta di registro per la registrazione dell’atto con cui viene trasferita la proprietà del bene. Non è dovuta l’imposta di registro se l’atto è soggetto all’imposta sulle donazioni e successioni in forza del principio di alternatività fra le due imposte.