Ordinanza n. 9218/2018 della Suprema Corte – Presidente: Chindemi Domenico – Relatore: Delli Priscolli Lorenzo – Data pubblicazione: 13/04/2018
Contraddittorio fra contribuente e Fisco. Quando è obbligatorio in caso di liquidazione ex art. 36 bis del DPR. n. 600/73? L’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” e non quando quest’ultima implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo, ove le differenze tra la dichiarazione del contribuente e la cartella di pagamento sono dovute semplicemente dal mancato versamento delle varie imposte dovute in base alla dichiarazione regolarmente prodotta dallo stesso ricorrente, nel caso della dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36-bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla. Con riferimento a interessi e sanzioni, l’Amministrazione, procedendo al controllo formale delle dichiarazioni e della tempestività dei versamenti, può addebitare gli interessi maturati per l’omesso versamento delle somme indicate in dichiarazione, il cui computo deriva direttamente dalla legge e non necessita di alcuna attività discrezionale di accertamento.
FATTO
In data 22 aprile 2011 Equitalia Sud Italia s.p.a. notificava alla contribuente … s.r.l. una cartella esattoriale emessa in seguito a controllo automatizzato operato ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2007. Il contribuente proponeva ricorso avverso tale cartella davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli eccependo la nullità dell’iscrizione a ruolo per violazione sia dell’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), atteso che l’iscrizione era avvenuta senza il preventivo invito al contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre la documentazione eventualmente mancante sia dell’art. 7, comma 3, della stessa legge per omissione di motivazione circa la determinazione delle imposte richieste e dei relativi accessori.
Si costituivano in giudizio Equitalia Sud Italia s.p.a. e l’Agenzia delle entrate chiedendo il rigetto del ricorso e affermando la piena legittimità della cartella impugnata. La Commissione Tributaria, con sentenza n. 579/23/2011 depositata il là dicembre 2011, accoglieva il ricorso per quanto riguarda la subordinata richiesta di riduzione ad un terzo delle sanzioni ma per il resto lo rigettava, rilevando l’insussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione che renderebbero la doglianza condivisibile. Che avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello, mentre Equitalia Sud Italia s.p.a. e l’Agenzia delle entrate si costituivano chiedendo il rigetto dell’appello. La Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 258/45/2012 depositata il 3 ottobre 2012, respingeva l’appello della contribuente richiamando sostanzialmente gli argomenti della sentenza di primo grado. Avverso tale sentenza la contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi di ricorso, mentre Equitalia Sud Italia s.p.a. e l’Agenzia delle entrate si costituivano ognuna con un controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente … s.r.l. deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 27 luglio 2000 (Statuto del contribuente) per la mancanza del previsto avviso al contribuente prima dell’emissione della cartella; che con il secondo’motivo, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine all’art. 7, commi 1 e 3 della legge n. 212 del 27 luglio 2000 (Statuto del contribuente), in quanto la cartella originariamente impugnata non consentirebbe al contribuente di comprendere appieno l’iter logico-giuridico e i criteri adottati dall’Ufficio nel richiedere il pagamento di imposte (oltre ad interessi e a sanzioni amministrative) assolutamente diverse fra loro e non risultanti dalla dichiarazione dei redditi regolarmente presentata; considerato che i controricorrenti sollevano in via preliminare questioni di inammissibilità relativamente alle notifiche del ricorso e all’assenza di censure aventi specifiche attinenza al decisum della sentenza impugnata e chiedono comunque che il ricorso sia dichiarato infondato; ritenuto preliminarmente che, in virtù del principio della ragione più liquida (che consente di modificare l’ordine logico-giuridico delle questioni da trattare di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost., posto che l’accertamento della sussistenza di eventuali motivi di inammissibilità, anche se logicamente preliminare, non potrebbe in ogni caso condurre ad un esito del giudizio più favorevole per il convenuto: Cass. 19 giugno 2017, n. 15064; Cass. 18 novembre 2016, n. 23531) appare opportuno per entrambi i motivi di ricorso esaminare innanzitutto il merito della questioni sollevate.
I motivi di ricorso venivano dichiarati infondati. Considerato infatti che, con riguardo al primo motivo, l’art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata – la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. 21 novembre 2017, n. 27716) – e che non ricorre nel caso di specie ove le differenze tra la dichiarazione del contribuente e la cartella di pagamento sono dovute semplicemente dal mancato versamento delle varie imposte dovute in base alla dichiarazione regolarmente prodotta dallo stesso ricorrente.
Inoltre, secondo l’art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), è obbligatorio l’interpello del contribuente in caso di liquidazione di tributi in base alla dichiarazione solo ove sussistano incertezze su aspetti rilevanti della stessa (Cass. 9 settembre 2016, n. 17829) situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36-bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla (Cass. 31 marzo 2011, n. 7536).
Infine, con particolare riferimento a interessi e sanzioni, occorre considerare che, ai sensi del secondo comma, lett. f) dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’Amministrazione, procedendo al controllo formale delle dichiarazioni e della tempestività dei versamenti, può addebitare gli interessi maturati per l’omesso versamento delle somme indicate in dichiarazione, il cui computo deriva direttamente dalla legge e non necessita di alcuna attività discrezionale di accertamento (Cass. 9 gennaio 2015, n. 173) e che con la cartella, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’Amministrazione finanziaria richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni, poiché tale atto non ha natura impositiva, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione (Cass. 15 gennaio 2016, n. 548; Cass. 27 gennaio 2015, n. 1571).
Quanto al secondo motivo, l’atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria potestà impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello – come quello di specie – con cui si proceda, in sede di controllo cartolare ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, alla liquidazione dell’imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, può essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poiché il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa (Cass. 28 novembre 2014, n. 25329).
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