Come avvengono gli accessi presso i locali del contribuente, le ispezioni e le verifiche fiscali (le indagini di polizia amministrativa) effettuate dalla Guardia di finanza o dagli uffici dell’Agenzia delle entrate?
Il primo controllo della dichiarazione del contribuente avviene con la liquidazione attraverso una procedura automatizzata e limitatamente all’esattezza numerica dei dati dichiarati. Dopo i controlli formali inizia la fase volta ad individuare proventi occulti, costi fittizi, documenti falsi etc., chiamato controllo sostanziale.
Il controllo sostanziale delle dichiarazioni viene svolto dagli uffici dell’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza. La verifica è la forma principale di controllo che inizia con l’accesso, ossia il potere concesso all’Amministrazione finanziaria di entrare e permanere in determinati luoghi – anche senza il consenso di chi ne ha la disponibilità – al fine di esaminare le scritture contabili e rilevare direttamente i fatti di gestione che generano costi, ricavi ed elementi patrimoniali esposti nella dichiarazione dei redditi.
Gli impiegati dell’Amministrazione finanziaria ed i militari della Guardia di Finanza designati della esecuzione della verifica giusta la previsione del 1° comma dell’art. 52, D.P.R. 633/1972, richiamato anche nell’art. 33, D.P.R. 600/1973 – devono essere muniti di apposita autorizzazione per l’accesso che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’Ufficio o dal comandante del reparto da cui dipendono.
Per gli impiegati degli Uffici finanziari, le autorizzazioni dovranno essere sempre rilasciate dal direttore dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione ha sede il soggetto da sottoporre a verifica. Per i militari della Guardia di Finanza è prescritto il “foglio di servizio” nel quale è trascritto, per ogni luogo presso il quale è previsto l’intervento, il relativo ordine di accesso. L’autorizzazione deve essere esibita al contribuente o alla persona che lo rappresenta, unitamente alle tessere personali di riconoscimento degli stessi verificatori, al momento dell’accesso. Attraverso le descritte formalità al contribuente è data la possibilità di avere esatta cognizione della identità dei verificatori e di conoscere l’ambito operativo – desumibile dall’autorizzazione o dal foglio di servizio – entro il quale gli stessi possono agire.
Per procedere all’accesso in locali che, oltre ad essere destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali sono anche adibiti ad abitazione (art. 52, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972), per procedere all’accesso in locali diversi da quelli richiamati (art. 52, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972), per procedere, nel corso di un accesso, a perquisizioni personali, all’apertura coattiva di plichi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, all’esame di documenti relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale (art. 52, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972), la Polizia Tributaria deve munirsi di autorizzazioni rilasciati dall’Autorità giudiziaria, in particolare del Procuratore della Repubblica (in alternativa al quale, talvolta, è indicata l’Autorità giudiziaria più vicina).
L’attività di verifica fiscale:
- può essere avviata solo in funzione della finalità di tutelare l’interesse pubblico alla prevenzione, ricerca e repressione degli illeciti tributari;
- deve essere improntata a criteri di legalità, economicità, efficacia, efficienza e trasparenza;
- deve essere eseguita nel pieno rispetto dei diritti e delle garanzie riconosciute al contribuente sottoposto al controllo;
- costituisce una pubblica funzione regolata da precisi riferimenti normativi e dallo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000);
- si inquadra nel momento istruttorio dell’accertamento tributario, che obbliga il soggetto passivo d’imposta a subire sia la presenza dell’organo accertatore, sia le afferenti attività d’indagine.
L’esercizio di tali poteri è disciplinato dagli artt. da 31 a 33 del DPR 600/73, ai fini delle imposte sui redditi e dagli artt. 51 e 52 del DPR 633/72 in materia IVA. L’art. 12 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente) prevede, tuttavia, che “gli accessi, le ispezioni e le verifiche nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche e professionali sono effettuate sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali, durante l’ordinario orario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minor turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali e professionali del contribuente“.
L’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente non prevede una durata massima o minima delle verifiche. E’ previsto però che i giorni di permanenza della Guardia di finanza presso l’esercizio soggetto a ispezione non possa superare i 15 giorni per i lavoratori autonomi e le imprese in contabilità semplificata, oppure i 30 giorni per tutti gli altri. Per il calcolo dei giorni, devono essere compresi solo quelli di effettiva presenza dei funzionari presso i locali interessati dall’ispezione, non rilevando eventuali giorni di verifica svolti presso gli uffici dei funzionari. In base a due recenti sentenze della Cassazione (n. 19338 e n. 19692 del 2011), però, la violazione del periodo massimo di permanenza presso la sede del contribuente non comporta la nullità dell’atto.
Al termine delle operazioni di controllo viene redatto il processo verbale di costatazione che deve essere sottoscritto dal contribuente, il quale ha diritto a trattenere una copia. Dopo il rilascio della copia il contribuente può comunicare entro 60 gg osservazioni e richieste che dovranno essere valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emesso prima della scadenza del detto termine (vedi ACCERTAMENTO FISCALE NULLO SE NOTIFICATO “ANTE TEMPUS”).
Chiunque, a seguito delle richieste degli Uffici o della Guardia di Finanza, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte o fornisce dati o notizie non rispondenti al vero è punito penalmente (art. 11, comma 1 D.L. 201/2011).
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