Ordinanza n. 20051/2017 della Suprema Corte di Cassazione – Sez. 5° civile – Presidente: Bielli Stefano – Relatore: Perrino Angelina Maria – pubblicata in data 11/08/2017

Detrazione IVA: la Suprema Corte con Ordinanza n. 20051/2017 del 20.6.2017, pubblicata in data 11.8.2017, ha reso consolidato l’orientamento secondo cui,  la detrazione dell’IVA può essere operata, a pena di decadenza, entro il secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto e non entro la seconda dichiarazione utile. Una volta maturata la preclusione derivante dall’inosservanza della cornice temporale prescritta, il contribuente può soltanto domandare il rimborso della maggior imposta pagata, nei limiti, nei tempi e con le forme prescritte per la relativa istanza.

FATTO

La società contribuente ha impugnato la cartella di pagamento emessa in esito al controllo automatizzato della dichiarazione modello unico 2000 inerente all’anno d’imposta 1999 e scaturente dal mancato riconoscimento di un credito IVA esposto nella dichiarazione relativa all’anno 1993. La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha respinto l’appello dell’Ufficio, sostenendo che il contribuente il quale non riporti in tutte le dichiarazioni un credito a titolo di IVA non perda il diritto di operarne la detrazione.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida ad un unico motivo, cui la società reagisce con controricorso. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 55 del d.P.R. n. 633/72, sostenendo che la contribuente, avendo omesso di presentare la dichiarazione IVA per cinque annualità successive a quella relativa all’anno cui si riferisce il credito d’imposta, abbia perso il relativo diritto di detrazione, anche in ragione dell’impossibilità per l’erario di procedere ai controlli di rito e di verificare se il credito spettasse, o no.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Secondo quanto stabilito dalle sezioni unite della Suprema Corte (Cass., sez. un., 8 settembre 2016, n. 17757), “il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, qualora, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto oppure non risulta controverso, che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili“.

Occorre, peraltro, rimarcare che il meccanismo della detrazione dell’imposta assolta a monte in via di rivalsa da quella dovuta a valle è funzionale a garantire la neutralità del tributo nei passaggi intermedi del ciclo produttivo e distributivo, al fine di far gravare l’imposta sul consumatore finale in misura esattamente pari al valore aggiunto apportato dai vari passaggi. È quindi coessenziale al meccanismo che la detrazione sia immediata ed integrale, in quanto l’imposta deve rimanere a carico dell’operatore intermedio il minor tempo possibile, posto che, altrimenti, su quest’operatore una parte del tributo inciderebbe in via definitiva. Il sistema ha sempre garantito l’immediatezza, che rileva nella fattispecie in questione.

Con riguardo al regime normativo vigente allorquando nella fattispecie in esame il diritto di detrazione è sorto, si è stabilito (Cass. 23 luglio 2007, n. 16257; 24 giugno 2011, n. 13949) la facoltà del contribuente di portare in detrazione il credito d’imposta può essere esercitata soltanto nell’anno successivo alla maturazione di esso, mediante annotazione nel registro di cui all’art. 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, derivando tale preclusione:

  • dall’art. 30, comma 2, del d.P.R. in questione, a norma del quale «se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo annotandolo nel registro indicato nell’articolo 25, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività», nonché
  • dal successivo art. 55, comma 1, del medesimo decreto, secondo cui «se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolte o venute a conoscenza dell’ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33».

Una volta maturata la preclusione derivante dall’inosservanza della cornice temporale prescritta, il contribuente può soltanto domandare il rimborso maggior imposta pagata, nei limiti, nei tempi e con le forme prescritte per la relativa istanza.

Non è al riguardo convincente la ricostruzione accolta da pronunce precedenti (Cass. 18 gennaio 2002, n. 523 e 14 luglio 2004, n. 13056; in termini, anche Cass. 22 maggio 2006, n. 12012), fatta propria dal giudice d’appello con la sentenza impugnata, secondo cui condizione necessaria e sufficiente ad evitare la decadenza, a sensi dell’art. 28, comma 4, del d.P.R. n. 633/72, è che il contribuente esponga il credito nella prima (oggi seconda) dichiarazione utile. Ciò fatto, la decadenza sarebbe evitata. La norma richiamata, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, si limitava a prescrivere che «il contribuente perde il diritto alle detrazioni non computate per i mesi di competenza né in sede di dichiarazione annuale»: essa riguardava, quindi, il diritto alle detrazioni.

Ma l’esposizione del credito d’imposta non comporta esercizio del diritto di detrazione in relazione al suo ammontare, proprio perché l’ammontare detraibile è eccedente rispetto a quello dell’imposta dovuta: proprio perché non è possibile ulteriormente detrarre, nasce il credito d’imposta. Non è, per conseguenza, predicabile che l’esposizione del credito equivalga all’esercizio del diritto di detrazione, utile, in quanto tale, a scongiurare la decadenza e la conseguente maturazione della preclusione.

Giova difatti ribadire, al riguardo, che il diritto di detrazione sorge nel momento stesso in cui diviene dovuta l’imposta da detrarre. Ma, in tale momento, quel che si verifica non è l’automatica estinzione del debito d’imposta, bensì la nascita del diritto del cessionario o del committente di estinguere detto debito esercitando il diritto di detrazione. Quest’ultimo è certamente un diritto potestativo, ma l’estinzione per compensazione del debito – che ne costituisce l’effetto – è condizionata al fatto che il diritto sia effettivamente esercitato (Cass. 15 luglio 2015, n. 14767; 3 marzo 2017, n. 5401).

Nel caso in esame, allorquando il diritto di detrazione è stato in concreto esercitato, ossia nel 2000, era radicalmente mutato il quadro normativo, per effetto del d.lgs. n. 313/97:

  • l’art. 28 è stato sostituito e, in particolare, il comma 3 è stato modificato («il contribuente perde il diritto alle detrazioni non esercitate entro il termine stabilito dall’articolo 19, comma 1, secondo periodo»), per poi essere del tutto abrogato dall’art. 9, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998;
  • l’art. 19, comma 1, è stato modificato («per la determinazione dell’imposta dovuta a norma dell’articolo 17, comma 1, o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’articolo 30, è detraibile, dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo»).

È rimasto, invece, immutato l’art. 55, da intendersi integrato dalla prescrizione del secondo nucleo normativo del comma 1 dell’art. 5 del d.lgs. n. 471/97 («per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite»).

In questo rinnovato quadro normativo, pur sempre centrale è la cornice temporale, stavolta biennale (del secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto), entro la quale la detrazione può essere operata. Tanto che le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza già richiamata n. 17757/16, hanno precisato che pur sempre occorre che la detrazione sia operata entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (in termini, da ultimo, Cass., ord. 20 gennaio 2017, n. 1627, secondo cui anche nel regime governato dall’art. 28, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972 occorre pur sempre che il diritto di detrazione sia esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui in diritto è sorto).

Il ricorso veniva quindi accolto, in quanto si è maturata la preclusione all’esercizio del diritto di detrazione.