Rimborso IVA. Un credito IVA emergente in dichiarazione non soggiace alla prescrizione biennale, posto che non è applicabile l’art. 30 ter del DPR n. 633/72. È quanto stabilito dalla Corte di giustizia primo grado di primo grado di Lecco nella sentenza n. 24/2023 depositata in segreteria il 29 marzo scorso.
Nel caso di specie, il contribuente proponeva ricorso successivamente al diniego espresso dell’Ufficio ad una istanza di rimborso con cui aveva richiesto il maggior credito IVA risultante dalla dichiarazione presentata per l’anno 2017 e che era stata (successivamente) sostituita da una dichiarazione integrativa con cui il credito stesso, imputato preliminarmente in compensazione, veniva richiesto a rimborso.
l’Ufficio, riteneva che la volontà di ottenere il rimborso doveva essere eccepita, previa decadenza, entro il termine biennale dalla cessazione dell’attività.
Il collegio di primo grado di Lecco ha accolto il ricorso e disposto l’erogazione del rimborso a norma dell’articolo 30, comma primo, DPR n. 633/72.
La Corte di prima istanza ha rilevato che, la contribuente, in caso di cessazione attività, ha diritto al rimborso del credito Iva, avendo prodotto, nel termine di cinque anni utili, una dichiarazione integrativa con cui ha modificato l’originaria compensazione in rimborso dell’imposta a credito.
D’altronde, la stessa Cassazione con ordinanza n. 17495/2020, ha stabilito che il credito esposto in dichiarazione annuale nell’anno di cessazione dell’attività costituisce già istanza di rimborso, a prescindere dall’imputazione del credito in compensazione o a rimborso.
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